Angeli con l’algoritmo: come NON fare autopromozione se sei uno psicoterapeuta
5 modi sbagliati di autopromuoversi sui social, 5 alternative più oneste e un invito a non diventare l’influencer del disagio.
I professionisti della salute mentale si trovano a dover apprendere un nuovo linguaggio e a dover usare un nuovo strumento: i social.
Tra tentativi ed errori stanno capendo come autopromuoversi e sembra che come lo stanno facendo non interessi a nessuno. Si dà per scontato che gli psicologi e gli psicoterapeuti (mi concentro principalmente su di loro) sappiano, per scienza infusa, come smarcarsi dal marketing spinto.
Un po’ come nel dolce stilnovo*, lo psicologo è angelo e non può sbagliare. Con la sua sapienza può solo innalzare il nostro spirito.
La verità è che il 90% delle sponsorizzate degli psi che mi arriva è una schifezza.
Nell’ultimo mese ho fatto tantissimi screenshot per poter raggruppare le tipologie di sponsorizzata e iniziare a tirare qualche somma:
🔴 Le 5 modalità di autopromozione problematiche secondo me
1. “Ti sei mai sentito così…?” - segue carrellata di foto che si aprono come un flash una dopo l’altra e stordiscono lo spettatore. Un effetto ‘cinema’ che tra qualche anno prenderemo per il culo come il filtro seppia del 2012. Ne sono certa.
Critica: È una tecnica da copywriting commerciale. Fa leva sul disagio per creare un falso senso di empatia, ma spesso suona costruita o impersonale.
➡ Risultato: Alla prima visione (forse) attira l’attenzione, alla terza labirintite. L’utente si sente più “preso di mira” che incuriosito.
2. “Hai appena vissuto [evento] e non riesci a uscirne…” - detto da psi vestiti come studenti che vanno in Erasmus in Spagna, come dice il mio amico Federico Dibbenardo.
Critica: Anche se parte dall’intento empatico, di fatto generalizza esperienze complesse riducendole a cliché narrativi.
➡ Rischio: Chi guarda può anche riconoscersi, nel concreto però la comunicazione funziona come l’oroscopo o la pesca a strascico: qualcuno che avrà vissuto una situazione simile lo becchi. Poi, quanto sia deontologicamente corretto usare la suggestione emotiva è un altro capitolo che vi invito ad aprire leggendo la pagina 6 del Vademecum per l’auto-presentazione e l’esposizione nel web** dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
3. “Ecco i motivi per cui la terapia fa (o potrebbe fare) per te” - segue elenco dell’ovvio che guarda caso riguarda un po’ tutti.
Critica: Sottintende che chi (chiunque) guarda ha un problema, tu hai la soluzione. È verticale, poco dialogico.
➡ Effetto collaterale: Aumenta il senso di inadeguatezza e non è nemmeno vero. Se ti interessa approfondire il perché, ecco il link alla mia newsletter Psicoterapia per tutti? Anche no.
4. “Commento a tema gossip/evento di cronaca” - una delle modalità più goffe e francamente inguardabili di auto-promozione.
Critica: Può risultare opportunistico, specie se riguarda tematiche delicate (es. suicidi, separazioni, violenza).
➡ Problema: È quasi impossibile non banalizzare e la prima critica, sacrosanta, è che si stia usando dolore altrui per visibilità. Anche se l’intento non era questo è quello che sembra. Se pensi di non poterti fermare, fallo. Pensaci un attimo, però, potresti anche non farlo, vedi… (cit. Antonino Tamburello)
5. “Testimonianza implicita del paziente tipo” - seguono grafiche a cinque stelle ⭐⭐⭐⭐⭐
Critica: Se non si cita un paziente reale, è una poracciata. Si crea una figura-prototipo che dice quello che si vorrebbe dicesse un paziente vero. Uno specchio in cui lo/la psi si autoincensa che forse andrebbe portato in supervisione. Se i pazienti sono reali anche qui, ci sono questioni deontologiche che andrebbero riconsiderate; per esempio la privacy (i pazienti potrebbero riconoscersi), il prendersi il merito delle guarigioni (toglie agency ai pazienti).
➡ Conseguenza: quanto si stanno forzando le persone a rispecchiarsi? Quanto si sta facendo leva sul bisogno/sofferenza per farsi scegliere?
Ok, Fé ma così diventa difficilissimo farsi conoscere come professionista!
E chi ha detto che è facile?
Non si sta vendendo un prodotto di make-up o un servizio di pulizie. Quando si tratta di salute, e ci si presenta come professionisti della salute, bisogna sottostare a quelle regole che sono state esplicitamente accettate al momento dell’iscrizione all’albo.
Contestualizziamo però, perché qua la semplificazione non scalza la complessificazione, sennò divento una pagliaccetta pure io.
Psicologi e psicoterapeuti hanno difficoltà oggettive, specialmente quelli che hanno appena iniziato la professione, a trovare pazienti e arrivare a fine mese.
Le tasse sono esagerate, i costi della formazione sono altissimi per non parlare di chi fa anche la scuola di specializzazione, alcuni si sobbarcano anche le spese dello studio, c’è l’assicurazione da pagare, l’Enpap - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi, la terapia personale/supervisione/intervisione, insomma lavorare nel privato è una spesa e un investimento continuo!
I pazienti non lo sanno. Giudicano ‘esagerato’ il costo della seduta senza sapere che spesso quasi la metà di quello che pagano non entra in tasca al terapeuta.
E mentre cercano di crearsi una stabilità personale e professionale fuori dal servizio sanitario nazionale, proprio il servizio sanitario nazionale langue. Già nel 2019 era noto che più del 50% delle persone bisognose di presa in carico non potevano essere curate nel pubblico. Perché? Per i tagli sulla salute pubblica e per gli errori nella gestione dei fondi.
Avremmo tanto bisogno che venissero assunti psicologi. Avremmo bisogno di trovarli in ogni ospedale, averli a disposizioni in ogni reparto, che collaborassero con i colleghi medici, infermieri, educatori, TERP, OSS e chi più ne ha più ne metta e invece? Invece sono spesso costretti a imparare come diventare promotori di se stessi, creators, imprenditori.
Ora, rivolgendomi direttamente agli psi di buona volontà, comprendendo che ci sia il bisogno di fare auto-promozione, vediamo:
🟢 5 modalità alternative che funzionano meglio (e non ti fanno sembrare un venditore di pentole)
1. “Mi ha colpito una frase detta in seduta…”
➡ Usa la tua esperienza (non quella del paziente), apri una riflessione reale, mostra il tuo pensiero. Dai valore.
Funziona meglio perché: sei tu a raccontarti, non a vendere un dolore prefabbricato.
2. “In questi giorni ho riflettuto su…”
➡ Parti da una tua osservazione, da un pensiero autentico. Magari riguardati le storie che hai condiviso, se c’era uno spunto spontaneo riparti da lì. Fai storytelling clinico, non marketing.
Funziona perché: non parte dall’assunto che l’altro abbia un problema, ma che possa riconoscersi in un processo.
3. “Ti spiego alcune cose ‘strane’ che faccio in seduta e non sai perché”
➡ Il mio psichiatra chiudeva gli occhi mentre parlavamo, sembra si stesse addormentando. Inizialmente ci dava fastidio, poi abbiamo chiesto: gli serviva per azzerare gli stimoli visivi e concentrarsi. Parla della tua posizione, non vendi la terapia. Dai un’angolazione diversa, costruisci fiducia. Il mio è solo un esempio, trova i tuoi.
Funziona perché: mostra umanità e competenza insieme, senza superiorità.
4. “Cosa possiamo imparare dai discorsi pubblici sulla salute mentale?”
➡ Se proprio vuoi commentare gossip o cronaca, fallo da professionista: portando complessità, non cavalcando il trend. Prenditi il tempo per svilupparci sopra un pensiero, non correre per dire la cosa “giusta al momento giusto”.
Funziona perché: così non sembra che tu stia sfruttando il dolore altrui ma ne fai comunque occasione di pensiero critico collettivo.
5. “Le domande che ricevo più spesso: risposte sincere, senza filtri”
➡ Se fai Q&A, soddisfa la curiosità delle persone per mostrare il tuo modo di lavorare e vedere la salute mentale senza svenderla.
Funziona perché: sei trasparente, vicino, accessibile.
Concludo dicendo che è importante, importantissimo, parlare di più di salute mentale; parlarne di più parlandone peggio però è inaccettabile. Soprattutto quando si tratta di professionisti.
*reminiscenze dal liceo classico, è tipo il rebranding medievale dell’amore: l’uomo guarda la donna e invece di impazzire, si eleva spiritualmente.
**per quanto il Vademecum non sia completo e vada rivisto su diversi punti, è un inizio di critica di certi comportamenti che andrebbe preso più sul serio, anche dallo stesso Ordine.
Lettura molto piacevole e istruttiva. Anche se mi sembra che la maggior parte delle persone oggi vuole soluzioni indolori, alla mordi-e-fuggi. Come se tutti i problemi si risolvessero così, semplicemente, e soprattutto senza mettersi realmente in discussione.